martedì 1 maggio 2012


La proposizione condizionale più la sua reggente formano il cosiddetto periodo ipotetico, cioè un periodo che si regge su un'ipotesi.
La proposizione subordinata (quella che esprime la condizione) si chiama protasi (cioè premessa); la proposizione reggente si chiama apodosi (cioè conseguenza). Tra queste due proposizioni esiste una relazione molto stretta, tanto che insieme costituiscono il periodo ipotetico.
Il periodo ipotetico può essere di tre tipi:
della realtà: quando nella protasi si esprime una condizione reale, e pertanto nell'apodosi si fa la previsione di qualcosa che avverrà sicuramente.
Nella protasi si ha il verbo all'indicativo presente o futuro, e nell'apodosi all'indicativo presente o futuro o all'imperativo
Es. Se cadi di lassù, ti rompi una gamba.
Se sei stanco, vai a riposarti.
Se farai come dico, ti troverai bene.
• della possibilità: quando nella protasi si esprime un fatto possibile, temuto o sperato, e pertanto nell'apodosi si mostra la possibile conseguenza.
Nella protasi si ha il verbo al congiuntivo imperfetto e nell'apodosi al condizionale presente o all'imperativo
Es. Se tu fossi qui, sarei più tranquillo.
Se mi interpellassero, esprimerei il mio parere.
Se ti assumessero, comunicamelo subito.
• dell'irrealtà: quando nella protasi si esprimono fatti palesemente irreali e che si suppone non potranno verificarsi; è quindi irreale anche l'apodosi. Nella protasi si ha il verbo al congiuntivo imperfetto o trapassato, e nell'apodosi al condizionale presente o passato
Es. Se fossi miliardario, starei sempre alle Hawaii.
Se mi avessero assunto, avrei già comprato l'auto.
Se Cesare non fosse stato ucciso, sarebbe diventato imperatore dei Romani.
□ PROP. AVVERSATIVA: esprime una circostanza opposta a quanto viene detto nella reggente. Può essere:
- esplicita: se introdotta da quando, mentre, invece, laddove ecc. + indicativo o condizionale
Es. Ha preso l'auto, quando tutti gli consigliavano il treno.
È voluta andare in montagna, mentre io avrei preferito il mare.
- implicita: se introdotta da invece di, anziché ecc. + infinito
Es. Esce sempre con gli amici anziché studiare.
□ PROP. COMPARATIVA: esprime un confronto, un paragone con quanto è detto nella reggente. Può essere:
- esplicita: > di uguaglianza: se introdotta da come, quanto, quale ecc. (spesso correlati nella reggente con cosi, tanto, tale) + indicativo o condizionale
Es. L'esame non è stato facile come sembrava.
Ha dato ai figli tanto amore quanto ne aveva ricevuto dai genitori.
Mi sono prodigato tanto quanto avrebbe voluto mio padre.
> di maggioranza: se introdotta da di quanto, di quello che, di come, che ecc. (correlati nella reggente con più) + indicativo, congiuntivo o condizionale
Es. Lo studio è più duro di quello che mi avevano detto.
Si è dimostrato più generoso di quanto pensassi.

Ho versato più lacrime di quanto avrei immaginato.
> dì minoranza: se introdotta da di quanto, di quello che, di come, che ecc. (correlati nella reggente con meno) + indicativo, congiuntivo o condizionale
Es. Quella ragazza si è rivelata meno simpatica di quello che tu asserivi. Il weekend è stato meno noioso di quanto temessi.
Ho guadagnato meno di quanto avrei voluto.
- implicita: se formata da più che, piuttosto che, piuttosto di, prima di, ecc. + infinito
Es. Preferisco morire piuttosto che vedere mio figlio drogato.
Prima di essere rinchiuso in un ospizio
vado a stare con mia nuora.


PROPOSIZIONE COMPARATIVA IPOTETICA
La frase comparativa assume il valore di comparativa ipotetica quando il paragone con la reggente esprime un'ipotesi o una condizione. Può essere:
- esplicita: se introdotta da come, come se, quasi, quasi che, ecc. + congiuntivo
Es. Gli voglio bene come fosse un figlio.
Era felice come se avesse vinto alla lotteria.
Mi chiese spiegazioni quasi fossi io il responsabile.
- implicita: se introdotta da come o quasi + gerundio
Es. Mi evitò, quasi temendo di dovermi salutare.
□ PROP. ECCETTUATIVA: esprime una circostanza che può rappresentare un'eccezione a quanto detto nella reggente.
Può essere:
- esplicita: se introdotta da fuorché, tranne che, eccetto che, a meno che, salvo che + indicativo o congiuntivo
Es. Stiamo sempre insieme, fuorché quando vado allo stadio.
Sarà una bella vacane a meno che non si guasti il tempo.
- implicita: se introdotta da fuorché, tranne che, eccetto che, salvo che + infinito
Es. Non ci resta da fare più nulla fuorché attendere fiduciosi.
□ PROP. ESCLUSIVA: esprime un'esclusione rispetto a quanto detto nella reggente. Può essere:
- esplicita: se introdotta da senza che, che non + congiuntivo
Es. Siamo andati alla festa senza che ci fossimo riposati.
Non passa settimana che non si vada a teatro.
- implicita: se introdotta da senza + infinito
Es. Ha deciso tutto lui, senza consultarmi.
PROP. LIMITATIVA: esprime una limitazione rispetto a quanto si dice nella reggente. Può essere:
- esplicita: se introdotta da per quanto, a quanto, per quello che, secondo quello che + indicativo o congiuntivo
Es. Per quello che mi dicono, è un galantuomo.
Per quanto ne sappia,
devono ancora decidere.
- implicita: se introdotta da in quanto a, quanto a, per + infinito
Es. In quanto a dire bugie, nessuno è più bravo di lui.
Quanto ad aiutarti,
credo di averlo già fatto.
Per viaggiare,
viaggia anche troppo.
□ PROP. RELATIVA IMPROPRIA: vedi Proposizioni Aggettive

giovedì 5 aprile 2012

Perché il cane è il migliore amico dell'uomo ?

Tanto e tanto tempo fa… quando l’uomo non era stato ancora creato, Dio, dopo aver creato gli animali, decise di dare ad ognuno un compito all’interno del Creato: “Nulla potrà dirsi essere stato fatto per caso, e nessuno dovrà sentirsi inutile nel mondo che io ho creato…”. Per fare questo decise di radunare intorno a sé tutti gli animali che fino a quel momento popolavano il Creato, e trascorrere con loro i due anni successivi, per valutare i loro pregi, i loro difetti, le loro predisposizioni.

Ben presto Egli si accorse che due anni era un tempo anche fin troppo lungo, e dopo un anno e mezzo, in un prato sconfinato, iniziò ad assegnare a ciascuno il proprio compito. Vennero chiamati tutti, ad uno ad uno, in modo che nessuno si sentisse escluso, e a tutti venne dato un compito diverso, ma egualmente importante e dignitoso.

Per ultimo Dio chiamò il Cane, e, ad esso, disse: “Caro cane, anzi, Caro amico mio, mi sei stato fedele in quest’anno, hai avuto attenzione per ogni mio bisogno: quando ero solo eri lì ai miei piedi a tenermi compagnia, quando ero triste eri lì pronto a darmi il tuo affetto, quando ero sperduto nel buio della notte, eri lì pronto a guidarmi con il tuo fantastico fiuto. Sei stato un amico, e mi hai mostrato di essere un fantastico compagno di vita, per questo a te attribuirò il piu bello fra i compiti: Tu accompagnerai ovunque la migliore delle mie creazioni: L’UOMO.”

Il Cane sorrise.

Dio però precisò: “Attento però, non è un compito facile: troverai uomini pronti ad accoglierti con amore e gioia, ma a volte ne troverai pronti a scacciarti con pietre e insulti. Troverai uomini pronti a darti una casa, un rifugio, del cibo, ma purtroppo ve ne saranno altri pronti a lasciare che tu alloggi in ricoveri di fortuna, in miseria, anche pronti a lasciarti morire di fame”

Il Cane adesso aveva perso quella luce gioiosa che lo aveva illuminato fino a pochi minuti prima, e per un attimo si chiese il perchè di tale scelta, si chiese perchè proprio a lui, e non …al Leone ad esempio, che con la propria forza sarebbe di sicuro riuscito a sopportare un così difficile destino… o alla volpe che di certo con la propria furbizia avrebbe inventato uno stratagemma per sopravvivere…
Dio però continuò il suo discorso: “Amico mio, adesso ti starai chiedendo il perchè io abbia deciso questo, perché proprio a te abbia assegnato questa sorte… e allora sappi amico mio, che da ora fino alla fine del mondo, questo sarà il destino che riserverò solo a coloro che più AMO”

Il Cane capì, e torno a sorridere…

Da allora l’Uomo e il Cane sono amici inseparabili…

SI FA TATUARE PAVESE SUL BRACCIO

Sanremo, ragazza appassionata dello scrittore se lo "stampa" addosso
Scritto da Redazione Dubidoo giovedì 05 aprile 2012 09:49
E' talmente tanto una sua fan che si è fatta tatuare sul braccio il suo volto. Non è un cantante o un attore ma uno scrittore: Cesare Pavese. L'idea è venuta a una ragazza di 23 anni, Irene, di Sanremo. La notizia è stata diffusa dalla Fondazione Cesare Pavese. La passione per lo scrittore piemontese sarebbe nata a 12 anni grazie alla mamma. A quell'età, Irene ha letto per la prima volta il romanzo Il mestiere di vivere. Poi, è diventata sempre più "affamata" dei testi di Pavese e se li è letti tutti.
Per il suo compleanno, quest'anno, Irene ha deciso di festeggiare a Santo Stefano Belbo (in Piemonte, in Provincia di Cuneo), dove è nato Pavese e ha scelto di farsi questo tatuaggio.
Cesare Pavese
Fu scrittore, poeta, traduttore, ma anche un insegnante. Accusato di antifascismo, durante la dittatura fascista in Italia venne arrestato nel 1935. Dopo la galera, a Torino e a Roma, fu confinato per tre anni a Brancaleone Calabro, un piccolo Comune in Provincia di Reggio Calabria.
Tra le sue opere, "Lavorare stanca", il romanzo "La luna e i falò", "Il mestiere di vivere". 

Tratto da Dunidoo.it uno dei miei siti preferiti

Il sistema scolastico in Italia

Età
Scuola
Azioni / materie
3 – 5
Scuola materna / Asilo
3 anni
ca. dalle 8:30 alle 16
·        Giocare, cantare, disegnare
·        S’impara a stare con gli altri
6 – 10
Scuola elementare
5 anni
ca. 8:00 – 13:00
alla fine: esame di Stato
S’impara a
·        scrivere, leggere, contare
·        una lingua straniera
·        educazione civica
11 – 13
Scuola media (inferiore)
3 anni
ca. 8:00 – 13:00
·        Educazione tecnica
·        Educazione artistica
·        Educazione musicale
·        Educazione fisica (Sport)
·        Storia
·        Geografia
·        Scienze naturali
·        Matematica
·        Italiano
Religione (non obbligatoria)
14 – 19
Scuola media superiore /
superiori


·        Liceo: 5 anni
(latino + una lingua straniera)
  • Classico




  • Scientifico
  • Linguistico

  • Artistico
Alla fine: maturità



Materie umanistiche: Latino, Greco, Filosofia, Storia dell’arte.



Chimica, fisica, biologia, …
Latino + 3 lingue: inglese / francese / spagnolo / tedesco, …
Materie d’arte: disegno, scultura, …

·        istituto tecnico: 5 anni
industriale, ragioneria, meccanico, chimico, geometra (Hochbau), …
Alla fine: maturità

14 – 17/18
·        istituto professionale:
3 anni
senza maturità –
con diploma di qualifica professionale
S’impara un lavoro

giovedì 29 marzo 2012

LE CONSONANTI

LE CONSONANTI



Le consonanti sono suoni che si pronunciano col canale orale chiuso o semichiuso. Gli organi che servono alla loro pronuncia sono la lingua, le labbra, i denti, il palato, il velo del palato. 
Secondo l'organo che serve ad articolare il suono, le consonanti si distinguono in: 

TipoConsonanti
labialib, f, m, p, v
dentalid, l, n, r, s, t, z
palatalic, g (dolci)
gutturali
o velari
c, g (dure), q


Secondo la vibrazione o meno delle corde vocali, le consonanti si distinguono in: 
a) sordeb, c, d, g, p, q, t; 
b) sonorem, n, l, r, f, s, v, z. 
Le sorde vengono prodotte senza vibrazione delle corde vocali, le sonore sono accompagnate da vibrazioni. 

Secondo la qualità del suono, le consonanti sonore si possono suddividere in: 
nasalim, n;
liquidel, r;
spirantif, v,s,z


Le doppie 

Tutte le consonanti, eccetto l'h, possono trovarsi doppie nel mezzo di una parola. Il raddoppiamento, però, è possibile nei seguenti casi

  • soltanto fra due vocali, o fra una vocale e le consonanti l o r: ad esempio, babbo, reddito, pallido, correre; accludere, agglomerato, rabbrividire, spettro, dottrina;
  • Il rafforzamento di q è cqacqua, acquisto. Unica eccezione soqquadro.
  • Per rafforzare i digrammi ch, ci si raddoppia solo la csacchi, acciaio, occhiali, cuccia.
  • I digrammi gh, gi si rafforzano col raddoppio della sola gagghiacciare, raggiro.
  • I digrammi gn, sc e i trigrammi gli, sci non si possono raddoppiare, ma esprimono già di per sé una pronuncia rafforzata.
  • Le consonanti g, z non si raddoppiano mai davanti alla terminazione -ione (stagione, azione).
  • La consonante b non si raddoppia nelle terminazioni -bile (automobile, contabile).
  • Raddoppiano di regola la consonante iniziale (ad eccezione dell's impura) le parole che si compongono coi prefissi a, da, fra, ra, so, su, sopra, sovra, contra: ad esempio, accanto, davvero, frapporre, raccogliere, sommesso, sussulto, sopraggiungere, sovrapporre, contraffare. Mai invece raddoppia contro (controsenso).
  • Consonanti doppie appaiono anche in composizioni del tipo: ebbene (e bene), oppure (o pure), suvvia (su via), diciannove, fabbisogno, fallo (fa lo)

Diamo qui di seguito un elenco di parole che acquistano significato diverso, secondo che hanno consonante semplice o doppia: 

consonante sempliceconsonante doppia
asiloricoveroassilloinsetto pungente
barasarcofagobarraasta di legno
brutobestiabruttocontrario di bello
caminofocolarecamminoviaggio
capellopelo del capocappellocopricapo
casaabitazionecassarecipiente
colada colarecollasostanza adesiva
convitobanchettoconvittoistituto
copiariproduzionecoppiapaio
donada donaredonnasignora
ecorisonanzaeccoavverbio
fumoprodotto del fuocofummoda essere
molamacinamollalamina elastica
motoabbrev. di motociclettamottodetto, battuta
nononumeralenonnoavo
notebrevi appuntinotteoscurità
palaattrezzopallasfera
penacastigopennapiuma
setatessutosettafazione
setebisogno di beresettenumerale
sonoda esseresonnoriposo
spesoda spenderespessodenso
vilepavido, codardovilleplurale di villa


In italiano si tende ad attenuare l'incontro di consonanti diverse. Si preferisce assimilare una delle due consonanti diverse in modo da farne una doppia: ad esempio, da enigma, enimma; da dogma, domma. Ma l'uso moderno ha ormai introdotto gruppi nuovi di consonanti quali ps, cn, tm, tn, bc, bn, bs: ad esempio, psicologia, tecnica, aritmetica, etnologia, subconscio, abnegazione, abside, ecc. 


Digrammi e trigrammi 

Alcune di queste unioni di consonanti diverse sono tali solo apparentemente: in realtà rappresentano un suono unico, e allora si chiamano digrammi etrigrammi. 
I digrammi (gruppo di due lettere avente un unico suono) dell'italiano sono 7 e precisamente:
  • gl, che dinanzi alle vocali a, e, o, u ha sempre un suono unico gutturale: ad esempio, glabro, gleba, globo, glutine;mentre dinanzi alla vocale i ha in genere un suono unico palatale, come in moglie, figlio, ripostiglio, famiglia, giglio, salvo in alcune eccezioni in cui ha suono gutturale, come in glicine, negligente, glicerina, anglicano, ganglio.
  • gn, che ha sempre un suono unico palatale: ad esempio, vergogna, guadagno, vignetta, bagnino, regno, pegno, ognuno. Ha eccezionalmente due suoni, cioè si pronuncia staccando le due lettere g, n che lo compongono, nei nomi di origine straniera, come wagneriano da Wagner.
  • sc, che ha suono gutturale dinanzi alle vocali a, o, u, come in scatola, scolaro, scuola; e palatale dinanzi alle vocali e, i, come in scena, ascensore, scemare, scintilla, sciroppo, scimmia. Quando invece si vuole conservare il suono gutturale anche dinanzi ad e, i, si pone nel mezzo un'h: ad esempio, scheda, scheggia, schiena, schiaccianoci.Per ottenere un suono palatale anche davanti ad a, o, u, si inserisce una i che scompare nelle parole derivate, qualora non sia più necessaria: ad esempio, lasciare, fascio, pasciuto, ma : lascerai, fasceremo, pascerete. Così anche le parole che terminano in -scia hanno il plurale in sce, non essendo più necessaria la i: ad esempio, ascia, asce; biscia, bisce; coscia, cosce; fascia, fasce.
  • ch davanti a e, i ha suono gutturale: cheto, cherubino, che, perché, chi, chitarra, chiasso, chioma, chiave.
  • gh davanti a e, i ha suono gutturale: ghetto, ghermire, gheriglio, ghiro, ghigno, luoghi, ghibellino.
  • ci seguito da a, o, u ha suono palatale: bruciato, cialda, ciabatta, micia, ciambella, braciola, cioccolata, bacio, ciondolo, ciuffo, ciurma, ciuco, panciuto.
  • gi davanti ad a, o, u ha suono palatale: giacca, giara, bugia, giardino, rugiada, giocattolo, giorno, ragione, angioma, giungla, ingiuria, congiura, giudò.

Va notato che nei digrammi ci, gi e nei gruppi gli, chi, ghi, sci contenuti negli esempi sopra riportati la i serve solo da segno grafico e quindi non funge da vocale, né da semivocale. 

trigrammi sono due:
  • gli : ad esempio, figlia, moglie, miglio, maniglia;
  • sci : ad esempio, fascia, sciogliere, lasciare, sciupare, scimmia, scindere.


Consonanti straniere 

Diamo un rapido cenno alle 5 consonanti straniere ospitate nell'alfabeto italiano: 

j si adoperava una volta come vocale invece dei due i. Ora si trova ancora nei nomi stranieri, in alcuni cognomi (Ojetti, Rejna), in alcuni nomi propri (Jolanda, Jacopo, Jago, Jole), in alcune parole (juta, jella, jettatore, jodio) che però si scrivono anche con la i semplice. Con la j si scrivono Jugoslavia, jugoslavo, Jonio, jonico. 

Si noti che le parole che hanno per iniziale la j vogliono le forme dell'articolo uno e lo e non un e il: ad esempio, lo jodio, uno jugoslavo.
k, all'infuori dei nomi stranieri o di derivazione straniera entrate nell'uso, si usa solo come abbreviazione di chilo: ad esempio km. (chilometro); kg.(chilogrammo); kl. (chilolitro); kw. (chilowatt). 

w è usata solo in parole straniere, pronunciata come nella lingua d'origine: ad esempio, walzer (pronuncia: valzer); clown (pronuncia: claun). In alcune parole è stata ormai sostituita dalla lettera italiana v. In chimica la W è il simbolo del volfranio; come abbreviazione, W significa: evviva. Ad esempio: W l'Italia!Capovolta vale invece come abbasso

x si usa, oltre che nei nomi stranieri o d'origine straniera (ad esempio, Bixio), nella parola ex per indicare un titolo che una persona non possiede più: ad esempio, ex-deputato; nonché nel linguaggio matematico per indicare una quantità ignota.
Quando è iniziale di parola, la x vuole l'articolo nella forma lo, gli, uni (lo Xanto, gli xilografi, uno xilografo). Oggi c'è però la tendenza a sostituirla con la s.
Maiuscola, la x indica persona che non si vuole nominare: ad esempio, Il teste X ha rilasciato dichiarazioni false

y si usa solo in parole straniere, dove a volte viene sostituita con la i ( da yòle, iòle; da yprite, iprite). In matematica indica, dopo la x, la seconda quantità incognita nei calcolo algebrici. 

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