giovedì 15 aprile 2021

Le leggende sull’origine del panettone da https://www.dissapore.com/spesa/panettone-origini-storia-e-leggende/

 


Panettone

Le leggende sull’origine del panettone si rifanno, sommariamente, a tre filoni: il primo, cui abbiamo sommariamente accennato, vuole il pane dolce nascere come “pan del Toni”, il secondo ne riconduce l’origine all’inventiva di tal messer falconiere Ulivo degli Atellani, il terzo e ultimo filone, che chiameremo amichevolmente la “pista-suora”, lo vuole creato per la prima volta in un convento da una certa Suor Ughetta.

Da quest’ultima leggenda, meno accreditata tra le tre, cominceremo l’analisi: in un monastero di poverissime monache di clausura, la cuoca Ughetta decise di donare alle consorelle un Natale più felice impastando un pan dolce con uvetta, burro e canditi. Prima di infornarlo, la talentuosa suorina ne segnò con una croce la sommità: l’incisione, in cottura, donò la caratteristica forma a cupola. Fine della storia e fine dei dettagli. Un particolare curioso è che “Ughetta”, oltre che il nome della creativa monaca, sia in dialetto milanese il termine usato per uvetta. Che coincidenza, eh?

Seconda leggenda è quella relativa a Ulivo degli Atellani. Siamo a Milano, in epoca tardo quattrocentesca, sotto lo sfavillante dominio di Lodovico il Moro. Il falconiere, residente vicino alla chiesa delle Grazie e innamorato di Adalgisa, figlia di un panettiere locale, si fa assumere a bottega dal di lei padre. Per far capire che non scherza mica, si inventa il panettone, che fa piovere reputazione e quattrini sul piccolo forno milanese. Il padre della ragazza va in brodo di giuggiole, i due giovani si sposano e vivono per sempre felici e contenti.

Esiste della leggenda legata agli Atellani una variante: il membro della famiglia che crea il primo pan di Natale, in questo caso, è figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, innamorato sempre della fornarina Adalgisa. La relazione tra i giovani è però osteggiata dalla nobile casata, per via delle umili origini della ragazza. In questo caso l’Atellanino si iscrive a bottega appositamente per creare il panettone, rendere la famiglia dell’amata celebre e quindi degna della propria stirpe. Così va, come da copione, coi due che si sposano sotto la benedizione dell’aristocratico matusa. Il nome del figlio di Giacometto Atellani in questa versione della vicenda? Ma è Ughettoça va sans dire!

Ultima e più accreditata leggenda, sia per rilevanza del contesto che per i suoi risvolti pseudo-etimologici, è quella legata al garzone Toni. Siamo sempre ai tempi di Lodovico il Moro, ma c’è di più: siamo alla corte di Lodovico il Moro, invitati al cenone di Natale del 1495 ci sono personaggi del calibro di Leonardo da Vinci e forse addirittura Chiara Ferragni.

La tavola è imbandita, il banchetto si svolge tra amene conversazioni e libagioni fiabesche, tutto sembra stia andando alla grande – ma mentre Da Vinci discute con Chiaretta nostra di possibili pose di nudo, in cucina si sta consumando un dramma.

Il cuoco di Lodovico sbatte a destra e a sinistra strappandosi i capelli, urlando come una prefica, inghiottendo lacrime amare: ha bruciato il dolce, già vede la sua testa su una picca esposta a mo’ di luminaria fuori dal Castello Sforzesco.

E mentre medita su un seppuku modello Vatel (andarsene sì, ma con onore) fa capolino da dietro un angolo, tutto sporco di fuliggine, il garzone Toni. “Boss, cioè, senti…” – gli fa il giovane – “c’è che io mi sono imboscato un zic di farina, quattro canditelli, un tocco di burro di quelli ciotti e li ho impastati per farmi Natale coi fra. Ora cioè, non so se ti garba la situa, ma ne è venuta fuori ‘sta roba qua che secondo me spacca, zio”.

Lo chef, che già un po’ stava in panico di suo, un po’ non ci aveva capito una mazza di quello che aveva detto Toni (che un cognome non ce l’aveva: era Toni, Toni Ebbasta), prende quello strano impasto con scarpatura e lo fa portare a tavola.

Tutti si leccano i baffi, Ferragni inclusa, e Lodovico il Moro convoca lo scalco per fargli pubblicamente i complimenti per l’audace invenzione.

E come si chiama questa… Torta, o cuoco? E lui: “L’è il pan del Toni!” – che, tramandatosi fino a noi, ha mutato il nome in pan-et-tone. Wow. Sipario.

Nessun commento:

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...