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Sono cinque: a, e, i, o, u e corrispondono ai suoni formati con la più semplice emissione della voce.
Di queste, la vocale a ha sempre suono largo o aperto; i e u hanno sempre suono stretto o chiuso.
Le altre due vocali, e ed o hanno un duplice suono: largo e stretto. In alcuni vocabolari il suono stretto viene segnato con l'accento acuto e quello largo con l'accento grave: ad esempio, struménto, pèste; dolóre, còrso.
Benché non si possa dare una regola sicura, indichiamo alcuni casi in cui la e e la o hanno suono largo o stretto.
La e e la o hanno sempre suono stretto quando su di esse non cade l'accento.
Solitamente la e ha suono largo:
- al termine di un nome proprio o comune di origine straniera: ad esempio, Mosè, caffè, canapè;
- nei diminutivi (?) in -ello. -ella: ad esempio, donzèlla, monèllo;
- nei participi e negli aggettivi in -ente: ad esempio, presènte, fulgènte, valènte;
- nei vocaboli che terminano in -endo, -enda: orrèndo, vicènda, faccènda;
- nei vocaboli che terminano in -ense: castènse, forènse;
- nei nomi che terminano in -enza: partènza, assènza, sapiènza;
- nei vocaboli terminanti in -estra, -estre: finèstra, ginèstra, terrèstre, campèstre;
- nei numerali: sèi, sètte, dièci, tèrzo, sèsto, ventèsimo, bimèstre, biènnio; fanno eccezione i numerali tré, trédici, sédici, vénti, trénta, nei quali la eha suono stretto;
- quasi sempre nel dittongo ie: chièsa, barbière, pasticcière, salumière, piède.
La e ha suono stretto:
- al termine dei nomi comuni tronchi di una sola sillaba: ad esempio, fé, ré, mé, té, sé; ma si deve dire tè intesa come la nota bevanda (la formathè viene definita errata nel vocabolario del Palazzi), perché è nome di origine straniera;
- nei diminutivi in -étto, -étta: ométto, casétta, fanciullétto, fanciullétta;
- nei vocaboli terminanti in -énto: ornaménto, torménto;
- nei nomi che terminano in -éfice: oréfice, pontéfice, carnéfice;
- nei nomi e negli aggettivi che terminano in -ése: marchése, paése, maggése, cortése;
- nei vocaboli in éssa: ostéssa, méssa;
- nei nomi terminanti in -éto, -éta, -ézza: fruttéto, monéta, pinéta, carézza, bellézza;
- negli avverbi (?) in -ménte: altaménte, socialménte, teneraménte;
- negli aggettivi in -évole: scorrévole, caritatévole, piacévole;
- negli infiniti dei verbi in -ére appartenenti alla seconda coniugazione: tenére, temére;
- nelle voci composte con che: perché, poiché, sicché, affinché, giacché, ecc.
La o ha suono largo:
- nei nomi propri o comuni tronchi d'origine italiana: ad esempio, Bernabò, Angiò, rococò, falò;
- nei vocaboli terminanti in -òlo, -òla: giaggiòlo, paròla;
- nelle terminazioni in -òrio: ostensòrio, oratòrio, dormitòrio;
- nelle terminazioni in -òtto, -òtta: giovanòtto, grassòtto, ragazzòtta;
- nelle terminazioni in -uòlo e in genere nel dittongo uò: figliuòlo, fagiuòlo, nuòvo, ruòta;
- nei numerali: òtto, nòve, nòno, anche in composizione: ad esempio, trentanòve, ventesimonòno, trentòtto;
- nelle terminazioni in -occio, -occhio: bambòccio, malòcchio.
La o ha suono stretto:
- nei pronomi (?): nói, vói, lóro, colóro, costóro;
- nei vocaboli in -óio: ad esempio, frantóio, corridóio;
- nei vocaboli in -óne, sióne, zióne: coróne, visióne, azióne, commozióne, ecc.
- nei vocaboli in -óre, -óra, -sóre, -tóre: signóre, signóra, vigóre, confessóre, osservatóre, traditóre;
- nei vocaboli in -óso: animóso, pensóso;
- nella terminazione in -óndo. tremebóndo, cogitabóndo;
- nella terminazione in -óce: feróce, atróce.
Pronunciare esattamente la e e la o, larghe o strette a seconda dei casi, è importante perché nella lingua italiana alcuni vocaboli, composti dalle stesse lettere e detti omonimi, cambiano significato in base al suono largo o stretto di queste vocali.
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